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Effetto Ryder Cup? Solo se è fatta bene.

L’Italia è una destinazione turistica di fama mondiale ma, a livello di golf, non ha quell’attrattiva come la Costa del Sol in Spagna o l’Algarve in Portogallo.

Ecco perché organizzare un evento mediatico come la Ryder Cup, una sfida tra Europa e Stati Uniti, può aiutare tanto allo sviluppo del golf nel nostro Paese.

Ma non è tutto così bello come vogliono farci credere. L’effetto Ryder Cup è un’arma a doppio taglio. Può portare conseguenze negative se l’evento non viene gestito correttamente.

Abbiamo tutti come riferimento l’ultima Ryder Cup organizzata in Europa, quella del “Le Golf National” di Parigi. Squisitamente organizzato, su un percorso dalle condizioni invidiabili, con il sostegno degli enti statali francesi e che ha contribuito ad aumentare il numero di giocatori nel loro paese di oltre il 7%, raggiungendo 441.961 giocatori federati nel 2022.

Il campo parigino e la federazione francese sono un chiaro esempio dell’effetto positivo della Ryder Cup che ha portato tanti giocatori stranieri e nazionali a giocare sui campi del Paese; diventando un’altra destinazione golfistica da prendere in considerazione dai turisti.

Ma dobbiamo stare attenti nel celebrare l’arrivo di questo grande evento. Innanzitutto dobbiamo essere onesti con noi stessi e chiederci se il golf in Italia o più specificatamente a Roma, che sarà la porta d’ingresso per questi potenziali clienti, è preparato ad accogliere un gran numero di giocatori stranieri.

Già all’IGTM 2022 è stato dimostrato che non è così: campi con uno staff minimo, senza mazze a noleggio o senza abbastanza cart da offrire ai responsabili del turismo golfistico nel mondo e che gestiscono migliaia di giocatori provenienti da paesi diversi. La prima impressione non è stata molto buona e le colpe possono essere degli organizzatori, degli scioperi dei controllori del traffico aereo, ecc. Ma quello che percepiscono è che l’Italia non è pronta.

Il golf in Italia è chiaramente in crisi, con tanti campi che vivono ancora nella fantasia dei soci esclusivi con priorità rispetto agli altri giocatori ma senza farsi carico dei grandi costi di manutenzione che queste strutture comportano.

Solo pochi percorsi con un gran numero di soci e tariffe elevate possono davvero permetterselo. E questi non sono interessati allo sviluppo del turismo golfistico in Italia, perché non hanno spazio per questi giocatori e i loro soci non sono d’accordo ad aprire le porte come fanno i campi Pay&Play.

Dobbiamo pensare al perché un giocatore dovrebbe venire a giocare in Italia e non in Costa del Sol; i prezzi sono simili ma il livello di manutenzione e servizio è più scarso rispetto a quelli della Spagna. C’è poi il fattore che è già una meta conosciuta e non c’è il rischio di trovare condizioni non all’altezza delle aspettative.

C’è anche il fattore destino, i percorsi lavorano tra loro per creare un luogo dove puoi giocare 3, 5 o 7 volte. Qui invece si lotta per rubare un socio al campo vicino facendo sconti assurdi invece di unire le forze per creare un prodotto attrattivo per il turismo golfistico che ogni anno fattura di più (circa 86 miliardi di dollari nel 2022).

La conclusione di queste righe è quella di risvegliare i manager e i direttori italiani affinché inizino a lavorare insieme e in modo chiaro per sviluppare un prodotto che dovrebbe essere il numero 1 nel mondo: clima mediterraneo, buona gastronomia e luoghi affascinanti, per non parlare che la maggior parte dei percorsi progettati in Italia sono più adatti al giocatore medio di quanto possiamo trovare in altri paesi del mondo che sono attualmente all’avanguardia in questo settore. E che la Ryder Cup non abbia un effetto negativo che possa affossare ulteriormente l’immagine del nostro sport nel nostro Paese e fuori dai nostri confini.

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